La scelta della lotta rivoluzionaria delle donne in India secondo l'intensa narrazione della scrittrice Arundhati Roy
Grande è il ruolo delle donne
nella guerra popolare in India, guidata dal Partito Comunista
dell'India. Questo ruolo determinante nella rivoluzione è stato messo in
rilievo più volte dalla stampa internazionale che ha parlato di come
tantissime donne lottano e combattono contro lo Stato fascista indiano,
contro le forze della repressione che sono particolarmente violente contro le donne usando in modo dilagante l'arma degli stupri.
L'oppressione
di classe e sessuale delle donne in India è così profonda e di lunga
durata che la guerra popolare di lunga durata attrae e aiuta la
partecipazione ad essa di molto donne oppresse.
La scrittrice indiana Arundhati Roy,
attiva esponente del movimento antiglobalizzazione e del movimento
delle donne, ha scritto, anche a seguito di inchieste dirette, sulle
donne che partecipano alla guerra popolare, riportando l'esperienza
delle compagne del Partito. Donne
che vengono dalla ribellione all'oppressione feudale, del sistema delle
caste, delle tradizioni del matrimonio forzato, del rapimento delle
donne, della violenza e feroci mutilazioni...
Anche nel suo ultimo libro "Il Ministero della suprema Felicità" che accompagna i lettori "in
un lungo viaggio nel vasto mondo dell’India: dagli angusti quartieri
della vecchia Delhi agli scintillanti centri commerciali della nuova
metropoli, fino alle valli e alle cime innevate del Kashmir dove la
guerra è pace, la pace è guerra..." (dalla copertina del libro edito da Ugo Guanda Editore), la scrittrice ritorna anche sulla questione delle donne maoiste.
A seguire riportiamo una "lettera", contenuta nel libro, di una compagna maoista che in forma naturalmente narrativa, secondo noi, dà il senso di quello che vuol dire per le donne in India abbracciare la lotta rivoluzionaria, fare della rivoluzione nella rivoluzione una scelta di vita, essere un esempio e fonte di ispirazione per il movimento delle donne in ogni angolo del mondo.
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"... Caro Compagno Azad Bahranthiya Garu, scrivo a te perchè nei tre
giorni che ho passato al Jantar Mantar ti ho osservato con attenzione.
Se c'è qualcuno che sa dove si trova adesso la mia bambina, penso che
quel qualcuno puoi essere solo tu. Sono una donna telegu, e mi scuso di
non sapere l'hindi. Nemmeno il mio inglese è molto buono. Mi dispiace,
Mi chiamo Revathy e lavoro a tempo pieno per il Partito Comunista
Indiano (Maoista).
Quando riceverai questa lettere, sarò già stata uccisa.
La mia compagna Saguna sa che dovrà inviare a te questa lettera
appena le diranno che io non ci sono più. Tu lo sai che siamo gente
bandita che vive in clandestinità, e questa mia lettera si può chiamare
il messaggio clandestino di una clandestina, per cui impiegherà come
minimo cinque o sei settimane per arrivare fino a te attraverso canali
sicuri. Da quando ho lasciato la mia bambina laggiù a Delhi, sto molto
male. Non riesco a dormire nè a riposare. Non la voglio. Ma non voglio
nemmeno che la bambina soffra. Perciò se sai dove si trova, desidero
raccontarti un poco della sua storia vera. Il resto è decisine tua. Il
nome che le ho dato è Udaya. In telegu significa Aurora.
Le ho dato questo nome perchè è nata nella foresta del Dandakaranaya
quando era l'aurora. A essere sincera, quando è nata la odiavo e pensavo
di ucciderla. Sentivo che non era davvero mia. E davvero non è mia. Se
leggerai la sua storia, quella che ho scritto qui, vedrai che non sono
sua madre. Sua madre è la foresta e suo padre il fiume. Questa è la
storia di Udaya e di Revathy. Io, Revathy, vengo dal distretto del
Godavri orientale nell'Andhra Pradesh. Sono della casta dei settibalija,
che è una delle caste arretrate, le BC (Backward Castes). Mia madre si
chiama Indumati. Ha preso la licenza media superiore. Si è sposata con
mio padre a 18 anni. Mio padre era nell'esercito. Aveva molti anni più
di lei. L'aveva vista mentre si trovava in vacanza presso la famiglia e
si era innamorato perchè mia madre è molto graziosa e chiara di pelle.
Dopo il fidanzamento ma prima del matrimonio, mio padre fu condannato
dalla corte marziale che lo espulse dall'esercito perchè aveva fumato
vicino all'arsenale. Allora tornò a vivere nel suo villaggio che era
sulla riva opposta del fiume Godavari rispetto al villaggio di mia
madre. La sua famiglia è della stessa casta ma più ricca di quella di
mia mamma. Durante la cerimonia, i suoi hanno fatto uscire mia madre dal
pandal, il baldacchino nuziale, per pretendere una dote più ricca. Mio
nonno dovette correre a chiedere un prestito. Solo allora hanno detto
che il matrimonio poteva continuare.
Subito dopo le nozze, mio padre diventò sadico e perverso. Voleva
obbligare la mamma ad indossare abiti corti e ballare le danze europee.
Se si rifiutava la feriva con le lamette e si lamentava perchè non
sapeva soddisfarlo. Dopo alcuni mesi la rimandò a casa da mio nonno. Al
quinto mese di gravidanza, in attesa della mia nascita, il fratello
minore la riaccompagnò in barca al villaggio di papà. Era con tanti
gioielli e vestita con un sari molto bello, e portava in dono due
ciotole d'argento piene di dolciumi e venticinque sari nuovi per la
suocera. Papà non era in casa.I genitori di lui non volevano aprire la
porta, poi uscirono e presero a calci le ciotole di dolci. La mamma si
vergognò tantissimo. Durante la traversata di ritorno, in mezzo al
fiume, si tolse i gioielli e saltò fuori dalla barca. Io ero nella sua
pancia da cinque mesi. Il barcaiolo la salvò e la riportò dai suoi. Mi
partorì a casa del mio nonno materno. Durante la gravidanza aveva una
pancia enorme. Si aspettava di mettere al mondo due gemelli. Di pelle
chiara, come lei e il marito. Invece venni fuori io. Nera e robusta.
Dopo aver visto la mia carnagione la mamma rimase priva di sensi per
due giorni. Ma dopo non mi lasciò più. Tutto il villaggio parlava di
questo. I familiari di mio padre vennero a sapere quanto ero scura.
Davano molto importanza alla casta e al colore della pelle. Dissero che
non ero imparentata con loro, ma ero una bambina mala o madiga, che non
appartenevo a una BC, una casta arretrata, ma a una SC, una Schedule
Caste, e quindi ero intoccabile. Sono cresciuta nella casa del nonno.
Il nonno allevava bestiame, Era comunista. Viveva sotto un tetto di
paglia, però aveva molti libri, Quando diventò vecchio diventò anche
cieco. All'epoca andavo a scuola e leggevo anche per lui. Gli leggevo
Illustrated Weekly, Competition Success Review e Soviet Bhumi. Leggevo
anche la storia del Pesciolino Nero. Avevamo molti libri della Peolple's
Publishing House.
Papà veniva di notte a casa del nonno a tormentare la mamma. Io lo
odiavo. Girava per casa al buio come un serpente. Lei lo seguiva, lui la
torturava e la riempiva di tagli e poi la rimandava indietro.
Continuava a chiamarla e lei continuava ad andare. poi papà la
riprese per un pò di tempo e la tenne nel suo villaggio. lei rimase di
nuovo incinta. Al villaggio del nonno le donne pregavano che anche il
suo secondo figlio nasceva nero, così lei dimostrava di essere una sposa
fedele. Sacrificarono apposta trenta galline nere. Grazie a Dio anche
mio fratello è nero. Ma poi mio padre rimandò la mamma a casa per la
seconda volta e si scelse un'altra moglie.
Volevo essere un avvocato per poterlo mandare in galera per sempre.
Presto ho sentito l'influenza del comunismo e del pensiero
rivoluzionario. Leggevo libri comunisti. Mio nonno mi insegnava le
canzoni rivoluzionarie e le cantavamo insieme.
La mamma e la nonna rubavano noci di cocco e le vendevano per pagare
la retta della mia scuola. Mi compravano piccole cose così ero sempre
alla moda, e piacevo molto ai ragazzi. Dopo il diploma delle superiori,
mi presentai all'esame per entrare alla facoltà di medicina e lo
superai, ma non avevamo soldi per le tasse universitarie. Perciò mi
iscrissi ad una altra facoltà in un istituto pubblico di Warangal. Là il
Movimento era molto forte. Nella foresta, ama anche fuori.
Fin dal primo anno fui reclutata dalla compagna Nirmalakka e dalla
compagna Laxmi che visitavano i collegi femminili per parlare alle
ragazze dello sfruttamento da parte del Nemico di Classe e delle
terribili condizioni di povertà del nostro paese. Già all'università
lavorai per il Prtito come attivista part-time e come staffetta. In
seguito lavorai per la Mahila Sangham, un'organizzazione di donne che
sviluppava la coscienza di classe nella baraccopoli e nei villaggi.
Diventammo un canale di comunicazione in tutto il Telengana. Andavamo
alle riunioni in autobus, portavamo opuscoli e altro materiale
informativo. Cantavamo e ballavamo alle manifestazioni di protesta.
Lessi Marx, Lenin e Mao, e diventai maoista.
La situazione all'epoca era molto pericolosa. C'erano poliziotti
ovunque, di tutti i tipi: Cobra, Greyhound, Polizia dell'andra Pradesh.
Gli attivisti del Partito venivano ammazzati a centinaia come niente. Le
più odiate dai poliziotti erano le donne. Quando uccisero la compagna
Nirmalakka le squarciarono la pancia per tirare fuori tutte le viscere.
Anche la compagna Laxmi non venne solo uccisa ma fatta a pezzi, e poi le
cavarono gli occhi. Dopo la sua morte ci fu una grande protesta, A
un'altra compagna catturata, Padmakka, spaccarono entrambe le ginocchia
così non poteva più camminare e la picchiarono facendole danni ai reni, e
anche al fegato. Adesso è uscita di prigione e lavora con l'Amarula
Bandhu Mithrula Sangathan.
Se un militante del partito è sttao ucciso e la sua famiglia è troppo
povera per pagrasi le spese di viaggio e portare a casa il cadavere,
ci va lei. Va con un trattore, o un furgone Tempo o qualsiasi mezzo, e
riconsegna il corpo ai familiari per il funerale e tutto il resto.
Nel 2008 la situazione peggiora molto nella foresta, Il governo
annuncia l'operazione Caccia Verde. La Guerra contro la Gente. Migliaia
di poliziotti e uomini delle forze paramilitari invadono la foresta.
Uccidono gli adivasi, bruciano i villaggi. Nessuna donna adivasi può
rimanere nella sua casa o nel suo villaggio. Di notte dormono nella
foresta, all'aperto, perchè è di notte che arrivano i poliziotti, cento,
duecento, a volte cinquecento. Portano via tutto, bruciano tutto,
rubano tutto. Polli, capre, soldi. Vogliono costringere gli adivasi a
lasciare la foresta per poterci impiantare un'acciaieria e un centro
minerario. Li mandano in prigione in migliaia.
Tutte queste notizie politiche le puoi leggere nel mondo esterno. O
sulla nostra rivista, Peeple's March. Perciò ti parlerò solo di Udaya.
Nel periodo della Caccia Verde, il Prtito lanciò una campagna di
reclutamneto per il PLGA - People's Liberation Guerrilla Army: Allora io
e le latre due compagne andammo nella foresta del Bastar per
l'addestramento militare. Rimasi operativa là per più di sei anni. A
volte nel nostro ambiente mi chiamano compagna Maase, significa Ragazza
Nera. Mi piace questo nome. Ma abbiamo tanti nomi diversi e ce li
scambiamo. Anche se faccio parte dl PLGA, dato che ho un'istruzione, il
Prtito mi utilizza per degli incarichi nel mondo esterno. Mi capita di
andare a Warangal, a Bhadrachalam o a Khammam. A volte a Narayanpur.
Missioni molto pericolose, perchè ormai città e villaggi sono pieni di
informatori che agiscono contro di noi.
Fu così che un giorno, tornando da uan di quelle spedizioni, venni
catturata nel viallaggio di Kudur. Al momento dell'arresto ero in sari,
avevo la borsetta, braccialetti e due fili di perle. Non potevo lottare.
E mi portarono via di nascosto. Mi legarono, mi stordirono con il
cloroformio e ki condussero in un posto che non conoscevo. Quando mi
svegliai era buio. Mi trovavo in una stanza con du porte e due finestre.
Un'aula scolastica. C'era una lavagna ma niente mobili. Era una scuola
pubblica. Tutte le scuole nella foresta sono diventate accampamenti
della polizia. Non le frequentano più ne alunni nè insegnanti. Ero nuda.
Attorno a me avevo sei poliziotti. Uno degli agenti mi stava tagliando
la pelle con la lama di un coltello "Credi di essere una grande eroina?"
mi domandò. Se chiudevo gli occhi mi prendevano a schiaffi. Due mi
tenevano ferme le braccia e altri due mi bloccavano le gambe. " Vogliamo
offriti un regalo per il tuo Partito".Fumavano e mi spegnevano le
sigarette sul corpo. "Voi urlate sempre un sacco!" ripetevano. "Prova a
urlare adesso e vedrai cosa succede!". Credevo che volevano ammazzarmi
come Padmakka e Laxmi, e invece mi dissero." non preoccuparti negretta,
ti lasceremo andare, Devi andartene e raccontare ai tuoi amici quello
che ti abbiamo fatto. Sei una grand eroina, Distribuisci alla gente
proiettili, medicine per le malaria, cibo, spazzolini da denti, Tutto
questo lo sappiamo. Quante ragazze ingenue hai mandato a iscriversi al
tuo Partito? Le stai rovinando. Adesso è meglio che ti sposi e metti la
testa aa posto. Ma prima vogliamo darti una lezione di vita
matrimoniale".
Continuavano a ustionarmi e tagliarmi. Ma io non gridavo. "Perchè non
gridi? I vostri grandi leader verranno a salvarti. Non gridate mai,
voi?" Poi uno degli uomini mi apriì la bocca a forza e un altro ci ficcò
il pene. non riuscivo a respirare. Pensavo di morire. Mi gettavano
continuamente acqua sulla faccia. Dopo di che mi struprarono tutti molte
volte. Uno di loro è il padre di Udaya.
Come posso sapere chi è? Avevo perso i sensi. Quando mi svegliai di
nuovo avevo sangue ovunque. La porta era aperta. Loro erano fuori a
fumare. Vidi dov'era il mio sari. Lo presi piano piano. Era aperta in
poco anche l'uscita sul retro, fuori c'era una risaia. Mi videro
correre, all'inizio mi inseguirono e io caddi, ma poi dissero " Lasciamo
perdere, può pure andarsene".
Nella foresta moltissime donne hanno avuto esperienze come la mia.
Fu questo a darmi coraggio. Corsi attraverso i campi. L'unica luce era
quella della luna. Raggiunsi una strada asfaltata. La seguii. Avevo il
sari. Niente corpetto nè sottogonna. Ma lo avvolsi in qualche modo
intorno al corpo. Passò un autobus. Salli a bordo. ero scalza.
Sanguinavo. La mia faccia sembrava una zucca. Avevo la bocca tutta
gonfia per i morsi. L'autobus era vuoto. Il controllore non mi disse
niente. Non mi chiese il biglietto. mi sedetti vicino al finestrino e
dormii per effetto del cloroformio.
A Khammam il controllore mi sveglio " Siamo al capolinea". Scesi. Quando scoprii di essere a Khammam
fui contenta, perchè conosco molto bene un certo dottor Gowrinath che
ha un ambulatorio in città. Ci andai. Camminavo come un ubriaco. Bussai
alla porta: mi aprì la moglie e si mise ad urlare. Mi sedetti sul suo
letto. Sembravo una pazza. Tutte le bruciature di sigaretta si erano
trasformate in bolle, sulla faccia, sul seno, sui capezzoli, sul ventre.
Il letto si riempì di sangue. Arrivò il dott Gowrinath e mi diede le
prime cure. Continuavo a dormire per via del cloroformio. Quando mi
svegliavo piangevo e basta. Volevo solo raggiungere le mie compagne
nella foresta, Renu, Damayanti, Narnada akka. Il Dott Gowrinath
mi tenne a casa sua per dieci giorni. poi riuscimmo ad avere un contatto
con qualcuno del Partito e tornai nella foresta.
Cammiani per dodici chilometri, dopo di che arrivò una squadra del
PLGA e proseguimmo la marcia per altre cinque ore fino ad un
accampamento dove c'erano alcuni membri del comitato distrettuale.
Il leader della delelgazione, il compagno P-K.. mi domandò cosa era
successo. Ormai non c'è più nemmeno lui. Ucciso in uno scontro a fuoco.
Quel giorno gli raccontai la mia storia, ma piangevo tanto e lui non
capiva niente. All'inizio credeva che mi lamentavo di un compagno del
Partito. Mi disse " Non capisco questa sciocchezza dei sentimenti. Siamo
soldati. Fammi un resoconto senza emozioni". Obbedii. Ma a mia insaputa
mi scendevano le lacrime dagli occhi. Lasciai controllare le mie ferite
alle compagne presenti nell'accampamento. Dopo di che i membri del
comitato passarono due giorni a riflettere su cosa fare. Poi mi chiamano
e dicono che devo uscire dalla foresta e fondare un Revathy Atyachar
Vedirekh Committee, un Comitato contro lo strupo di Revathy. Inoltre
mi danno la responsabilità di una altro programma da realizzare in uno
slum in cui c'erano 2000 persone e soltanto due pompe a mano per
l'acqua. Stavo così male eppure mi toccava organizzare manifestazioni
popolari per chiedere altre pompe. Non riuscivo a crederci. Ma loro
dicevano che dovevo aiutarmi da sola. Però non potevo uscire dalla
foresta perchè non potevo camminare. Continuavo a perdere sangue, Avevo
attacchi di convulsioni. Le ferite si erano infettate. Non potevo uscire
nel mondo esterno. Non riuscivo a marciare con le squadre. Fui lasciata
in un villaggio della foresta. Dopo tre mesi riuscivo di nuovo a
camminare. Ma ero incinta. Non ci pensavo. tornai nel PLGA. Ma quando il
Partito scoprì che aspettavo un bambino fui costretta a lasciare
l'esercito perchè le soldatesse del PLGA non possono avere figli.
Mi fermai in un villaggio della foresta fino alla nascita di Udaya.
Quando la vidi per la prima volta provai un fortissimo odio. Fu come
sentire di nuovo quei sei poliziotti che mi tagliavano con le lame dei
coltelli e mi ustionavano con le sigarette. Pensai di ucciderla.. Le
appoggiai la canna del fucile alla testa ma non riuscii a premere il
grilletto perchè era una bambina piccola e graziosa.
In quel periodo fuori dalla foresta c'era una grande campagna per
contestare la Guerra contro la Gente. Importanti gruppi di Delhi avevano
organizzato un tribunale popolare. Gli adivasi vittime di violenza
venivano convocati a Delhi per parlare attravero i media nazionali. Il
Partito mi incaricò di accompagnarli insieme ad altri avvocati e
attivisti locali. Avere una bambina piccola mi offriva una buona
copertura. Mi esprimevo molto bene in telegu e conoscevo tutta la
situazione. A Delhi c'erano dei bravi interpreti. Dopo le disposizioni
partecipai ai tre giorni di proteste pubbliche dei tribali al Jantar
Mantar. Là vidi molte persone buone. Io però non posso vivere nel mondo
esterno come loro.
Il Partito è una madre e un padre per me. Spesso fa molti errori. Uccide anche le persone sbagliate. Le
donne si iscrivono poichè sono rivoluzionarie, ma anche perchè non
riescono a sopportare le sofferenze che subiscono in famiglia. Il
Partito dice che uomini e donne sono uguali, però i suoi membri anche
non capiscono i veri problemi. Il compagno Stalin e il Presidente Mao
hanno fatto tante cose buone ma anche cose non buone, lo so, eppure non
posso lasciare il mio Partito. Non posso vivere nel mondo esterno. Ho
visto molte brave persone al Jantar Mantar, perciò mi è venuta l'idea di
lasciare là Udaya. Io non posso essere come te, compagno Bharatiyia, o
come loro. Non posso fare lo sciopero della fame e presentare le mie
richieste. Nella foresta ogni giorno la polizia incendia le nostre case,
uccide e stupra la povera gente. Là fuori ci siete voi a lottare e a
sollevare problemi. Ma qua dentro ci siamo solo noi. perciò sono tornata
nel Dandakaranya a vivere e morire con il mio fucile.
Grazie Compagno per avere letto questa lettera. Saluto rosso! Lal Salam!... " (fonte "Il Ministero della Suprema Felicità" di Arundhati Roy, Ugo Guanda Editore)
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