Il 22 e 23 giugno a Catania si terrà il vertice dei Ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali dei paesi del G20 presieduto quest’anno dal governo dell’Italia sui temi del lavoro e dell’istruzione.
A fronte di una condizione sociale, economica e del lavoro, prima e dopo la pandemia, che ha visto e vede in tutto il mondo centinaia di milioni di licenziamenti di uomini donne e giovani, e aggravamento della povertà, insomma una condizione disastrosa per la classe operaia e le masse popolari proprio dal punto di vista del lavoro, dell’istruzione e delle condizioni di vita, la borghesia capitalista/imperialista del G20 si riunisce a Catania per “scambiare idee” e indicare le sue soluzioni alla crisi.
I dati che prevedono il peggioramento, in particolare “post pandemia” di questa situazione si trovano nei loro stessi documenti che preparano l’iniziativa: “La ripresa post-pandemia potrebbe quindi essere caratterizzata da livelli di disoccupazione particolarmente elevati per alcune categorie di lavoratori”, e ancora: “I lavoratori più vulnerabili, con un livello basso o medio di competenze, sono a maggior rischio di esclusione dal mercato del lavoro”, insomma prevedono un’altra terribile ondata di disoccupazione, e quindi un peggioramento effettivo delle condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari; è per questo che proveranno a mettere in campo “soluzioni” che presentano avvolte nel loro linguaggio ingannevole, ampolloso e retorico: “Le conclusioni del vertice dei Ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali di Catania, nel loro insieme, indicheranno la strada che i Paesi del G20 si impegnano a percorrere insieme per progredire nel rafforzamento della presenza femminile nel mercato del lavoro, nell'adattamento dei sistemi di protezione sociale e nella regolamentazione delle nuove forme di lavoro, con l'obiettivo di individuare soluzioni politiche atte a rendere le nostre società più prospere, inclusive e resilienti, senza lasciare nessuno indietro”!
Queste “politiche”, che nel frattempo hanno garantito miliardi di profitti alle grandi imprese soprattutto della finanza, lasciano indietro scie di disoccupati, di disperazione e di nuova precarietà, e se riguardano il mondo del lavoro in generale, particolare attenzione viene prestata al lavoro delle donne: “I ministri del lavoro del G20 hanno convenuto che le donne sono state colpite in modo sproporzionato dalla pandemia di Covid-19, riconoscendo il loro ruolo di potenziale motore della ripresa economica dopo la crisi Covd-19”; “… le misure di confinamento domestico hanno aumentato il carico di lavoro non retribuito delle donne, ampliando così la disparità di genere nel lavoro non retribuito e aumentando l’esposizione delle donne alla violenza domestica”; è necessario “abbattere gli stereotipi di genere”, promuovere la “parità di retribuzione” e addirittura “una distribuzione più equilibrata del lavoro non retribuito tra i due sessi”! Come se non bastasse sulle donne viene scaricata, quindi, anche la responsabilità di essere motore della ripresa economica!
Ad imporre queste “politiche” sarebbero i nuovi “Modelli di lavoro, organizzazione delle imprese e processo produttivo nell’era della digitalizzazione” che prevedono nuove “forme di lavoro” visto che già “a Osaka nel 2019 (prima della pandemia) i Capi di Stato e di Governo hanno riconosciuto che le forme di lavoro emergenti … possono anche porre delle sfide in termini di dignità del lavoro e di sistemi di protezione sociale”, già prima della pandemia “… Internet… Intelligenza Artificiale … big data” facevano prevedere che “il 14% dei posti di lavoro a livello mondiale fosse a rischio di automazione.” con conseguenti licenziamenti.
E ancora oggi, dicono ministri e capi di governo: “Non sappiamo se la tendenza all’aumento del tasso di disoccupazione oggi registrata in molti Paesi del G20 si invertirà rapidamente non appena la situazione sanitaria migliorerà né se i lavoratori beneficeranno in egual misura degli aumenti di produttività che potrebbero derivare da un uso più intensivo delle nuove tecnologie. Al contrario, le disuguaglianze potrebbero aumentare”. Tecnologie come la digitalizzazione e metodi “nuovi” come lo smart working e “il lavoro agile … queste modalità sollevano una serie di criticità in materia di salute (anche mentale), sicurezza (compreso il rischio di violenze domestiche), orario lavorativo (e il cosiddetto diritto alla disconnessione) … parità di trattamento e opportunità tra chi lavora da remoto e chi invece svolte il proprio lavoro all’interno dei locali aziendali.” E queste sono le parole, ma quel che è certo è che l’applicazione delle nuove tecnologie attraverso “l’adattamento dei lavoratori ai mutamenti in corso”, “aumenta la produttività sul lavoro”. Ecco dove finiscono tutte le chiacchiere, tutti i lunghi giri di parole sulle politiche sul lavoro da applicare: maggiore produttività, maggiore sfruttamento, maggiori profitti per i padroni!
Questo è il “lavoro” di cui si occupano i massimi esponenti del capitalismo/imperialismo mondiale!
Il “lavoro” di cui parlano viene declinato come “transizione”… verso la disoccupazione o verso l’adattamento ai cambiamenti in corso che vuol dire anche massima flessibilità, e transizione è lo stesso termine che viene usato per trattare l’altro tema: quello dell’istruzione, della scuola. La formazione è vista dal G20 in funzione della “transizione”… verso il mondo del lavoro! Per questi ministri bisogna, infatti “Rafforzare le sinergie tra sistemi di istruzione e formazione e mercato del lavoro” per formare lavoratori adatti ai nuovi modelli di produzione. L’insistenza di decenni su questa “transizione”, che è il loro unico obbiettivo, è sotto gli occhi di tutti, ha significato di fatto un costante processo di indebolimento, impoverimento e privatizzazione della scuola… e la pandemia ha accelerato anche questo aspetto.
L’altra faccia della medaglia sono proprio le risposte possibili a questo tremendo attacco da parte delle lavoratrici e dei lavoratori, della massa enorme di disoccupati, giovani e donne. Per questo, i ministri del G20 si “preoccupano” di far corrispondere a nuovi modelli di lavoro, che con il “crescente uso di algoritmi” crea altre disparità e precarietà, nuovi “modelli di protezione sociale” per… “accompagnare le transizioni in corso nell’economia globale”. Questi “modelli” dovrebbero “riconoscere i diritti fondamentali, quali la salute o l’istruzione, nonché il salario minimo di sussistenza e il reddito minimo garantito”.
Come sanno anche i sassi nessun paese imperialista, nessun paese al mondo attualmente, è in grado di garantire (non lo era prima della pandemia, e non lo sarà mai!), né “protezione sociale” né condizioni di lavoro dignitose, tutt’altro! Periodicamente l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, agenzia dell’ONU, invitata a questi convegni, denuncia le condizioni da schiavi sul lavoro in tutto il mondo a cominciare dai bambini! Ed è senza alcun senso del ridicolo che gli stessi organizzatori ammettono che le riunioni precedenti del G20, che vanno avanti dal 1999, non hanno risolto nulla! Né sul piano dei posti di lavoro, né sulle condizioni di lavoro in generale, né su quello delle donne.
Il massimo dell’ipocrisia, in questa menzognera ipocrisia generale, è palese quando si parla di condizione femminile! Se è vero che nessun paese di questo G20 (Argentina, Arabia Saudita, Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, India, Indonesia, Italia, Messico, Regno Unito, Russia, Stati Uniti, Sudafrica, Turchia e Unione Europea), può mantenere gli “impegni presi” nei diversi consessi internazionali, che dire di alcuni tra questi, come, per esempio l’Arabia Saudita o la Turchia, che si è addirittura ritirata dalla convezione di Istanbul? E che dire dell’Argentina, per esempio, un paese in perenne fallimento: con quali soldi dovrebbe “implementare” queste politiche? Per non parlare dei “diritti umani” in generale violati praticamente da tutti gli Stati del G20 colpevoli di veri e propri “crimini di guerra”.
La conferma di questa ipocrisia è la scelta della Sicilia come luogo dell’incontro, rappresenta un ulteriore schiaffo alla mancanza cronica di lavoro, alla povertà crescente, alla desertificazione industriale, ai disastri ambientali… una regione, simbolo della massima corruzione e della politica-mafia, piena di basi militari americane e trasformata di fatto in piattaforma militare sul Mediterraneo; una regione terra di “nuovi” emigranti e di passaggio di migranti (che diventano manodopera a basso costo per i padroni dell’industria e dell’agricoltura).
È per tutto questo che il G20, che nell’insieme rappresenta gli Stati più ricchi del mondo, non può che suscitare l’indignazione e la rabbia delle lavoratrici e dei lavoratori, dei disoccupati, di giovani e donne che sono l’unica opposizione vera da mettere in campo di tutti quelli che saranno ancora una volta colpiti da queste politiche utili solo a perpetuare lo scempio messo in atto dal sistema capitalista/imperialista.
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