Tuesday, March 5, 2024

23/24 february in Italy - report of PCm Italy

 



Venerdì e sabato scorsi sono state due giornate importanti.


È evidente che queste due giornate meritavano l'impegno totale, nazionale e locale, con tutto quello che comporta: viaggi, volantinaggi, preparazione del materiale che queste 2 giornate importanti meritavano. Due giornate che hanno visto 100.000 - e in maggioranza lavoratori - scendere in piazza in tutte le forme: lo sciopero del venerdì è stato importante per esempio nel settore della logistica, ma anche in alcune realtà di fabbriche dalla Piaggio ad altre minori, che hanno visto manifestazioni e su alcune delle quali torneremo a parte.

Due giornate che hanno visto presidi sotto le prefetture, che hanno visto varie forme con cui innanzitutto i lavoratori sono scesi in campo, hanno preso posizione ed è importante che il sindacalismo di base e di classe, in tutte le sue diverse sigle, abbia raccolto l'appello dei giovani palestinesi che, in sintonia con quando succede nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, avevano chiamato a uno sciopero e a manifestazioni.

E’ importante che a livello nazionale ci sia stata una scelta di fare una manifestazione nazionale a Milano il 24, nella città che era stata teatro da settimane e settimane, con tenacia e abnegazione, di manifestazioni ogni ogni sabato. Il “sabato palestinese”, il sabato di “siamo tutti palestinesi”, il sabato di “Milano è una città palestinese”. Certo, in tante altre città e in tante altre realtà ci sono state in questi mesi manifestazioni, ma certamente a Milano si è fatto il passo in più, quello di rendere la battaglia solidale con la Palestina come la principale battaglia politico-sociale in questo paese contro l'imperialismo, contro il nostro governo complice del genocidio e dell'imperialismo.

100.000 come non se ne vedevano da anni. Gran parte di essi ha partecipato alla manifestazione di Milano con un lungo corteo, un fiume, una marea, come dicono in generale le donne che sono scese in lotta in questi ultimi anni e lo hanno fatto in maniera grandiosa il 25 novembre dello scorso anno.

Questa volta era la marea dei militanti e degli attivisti di sinistra, sì, di estrema sinistra, perché l'estrema sinistra, la sinistra rivoluzionaria, antagonista, di opposizione sociale, è la forza materiale principale nella lotta solidale internazionalista con la Palestina, ma anche la riserva che può cambiare le cose all'interno di questo paese, nella lotta politica, nell’opposizione sociale reale ai governi e allo Stato del Capitale e in particolare a questo governo che concentra in sé tutte le ragioni di questa opposizione.

Un corteo lungo, unitario, unito. Le mille voci, i mille slogan andavano tutte in una stessa direzione, con in testa un contingente veramente impressionante di palestinesi che portavano a questa manifestazione la “carne viva” di quello che sta succedendo nella Striscia di Gaza, in Palestina, un'opposizione radicale al genocidio, un rovesciamento generale della canea di infamia e menzogne che vomita la stampa, la televisione asservita al governo, all'imperialismo, asservita perfino allo Stato sionista di tipo nazista d'Israele.

Questa manifestazione è un punto d'arrivo - è inutile negarlo - di questa tenace battaglia per rovesciare la narrazione tossica sulla Palestina e per mostrare che anche nel cuore dei paesi imperialisti Internazionalismo significa essere uniti ai popoli oppressi che si ribellano, che si ribellano in armi, che Internazionalismo è il sostegno incondizionato, morale, sociale, politico alla resistenza palestinese.

Basta col genocidio, sostegno alla resistenza palestinese. Queste due questioni sono state al centro di questa grande manifestazione. In essa tutti hanno portato il loro contributo, hanno portato la loro specificità: innanzitutto i lavoratori del sindacalismo di base di classe, con il contingente, grande, impressionante, dei lavoratori della logistica, un settore in permanente lotta in questo paese, organizzato essenzialmente dal Si Cobas ma non solo, e studenti, centri sociali e tante piccole, medie e grandi organizzazioni politiche comuniste rivoluzionarie.

Un corteo che non certo guardava al passato, ma che cominciava a ragionare sul nuovo futuro alimentato dalla Palestina, come, per fare un esempio, avvenne negli anni ‘70 con l'importanza della battaglia sul Vietnam, il sostegno alla lotta di liberazione del Vietnam, guidata dal partito comunista di Ho Chi Minh, sostenuto dalla Cina di Mao e da tutte le forze antimperialiste sociali e politiche nel mondo che costituì anche un vento - il vento dell'est - che via via incendiò la prateria o una parte di essa all'interno dei paesi imperialisti.

In questa manifestazione tutti e anche noi ci ponevamo il problema di come continuare. Vi sono state proposte di continuità che vengono da tutte le parti e in primis dai palestinesi del nostro paese.

Il nostro intervento dal camioncino della manifestazione

Anche noi dal camion che guidava la manifestazione dei palestinesi abbiamo detto la nostra, oltre che averlo fatto con due striscioni che raccoglievano la parola d'ordine principale “contro il genocidio del popolo palestinese ad opera dello Stato sionista di tipo nazista d'Israele/a sostegno della resistenza palestinese”. Ma ponevamo anche il problema dell'opposizione alla guerra, perché questo è stato anche il grande merito della manifestazione nazionale di Milano e delle due giornate che hanno unito la solidarietà al popolo palestinese e il sostegno alla sua resistenza con la lotta contro la guerra imperialista, le guerre del Capitale, inteso come modo di produzione, sistema di Stati e di governi che producono la marcia verso la guerra che, come sempre, sono profitti per l'industria bellica, per il sistema del Capitale che cerca di uscire con la guerra dalla crisi in cui è e in cui trascina il mondo, che cerca nello stesso tempo di trasformarla in una gigantesca nuova fase di oppressione dei popoli di cui la Palestina sembra il simbolo.

La “guerra imperialista si può fermare solo se avanza la guerra popolare”, cioè la guerra proletaria, la guerra degli sfruttati, la guerra degli oppressi, dalla Palestina all'America Latina, dall’India all'Africa, al Nord Africa e l'importanza di lottare contro la bestia imperialista all'interno, nel ventre della bestia e della bestia del nostro paese, dato che siamo in Italia, che è il governo fascista, imperialista, razzista, militarista, interventista, a fianco di Israele, ma anche contro il contingente militare che va nel Mar Rosso e anche in Ucraina, con cui stabilisce un “corridoio nero” di sostegno militare, di copertura politica, ecc ecc.

Da quel palco abbiamo detto che dobbiamo dare massima continuità a questa manifestazione, ma, chiaramente, un movimento di questo genere che affronta una lotta obiettivamente prolungata - perché è una guerra prolungata quella che si consuma nella Striscia di Gaza e negli altri territori incendiati del mondo - che occorre una solidarietà prolungata, una solidarietà organizzata. In questo senso abbiamo detto dal palco: “formiamo i Comitati Palestina ovunque”, come fu nella stagione degli anni 70, e la funzione dei comitato Vietnam che furono davvero tanti e la forza materiale che nelle grandi e nelle piccole città affiancarono la guerra di popolo di lunga durata del popolo vietnamita.

Nello stesso tempo l'internazionalismo agente diventa una forza di questa battaglia dei palestinesi a fianco dei palestinesi in forma estesa: dalla Corte di giustizia dell' Aja agli stessi Territori Occupati. Dal palco abbiamo detto che siamo per una delegazione internazionale che partecipa a tutto questo, siamo per un contingente internazionalista che vada a Rafah e nei Territori Occupati a offrire solidarietà, sostegno, a creare un'ulteriore problema all'aggressione sionista di tipo nazista, alla logica del genocidio, alla logica della deportazione di un intero popolo. Siamo per una delegazione internazionale formata da tutti coloro che che manifestano e che rappresenti tutti e naturalmente guidata e fusa con la solidarietà dei palestinesi da Gaza alle nostre città. Un contingente internazionalista. 

Nell'intervento finale abbiamo detto: lottiamo contro il nostro governo, il nostro imperialismo, è il nostro compito. Non basta la solidarietà con chi lotta nei territori invasi dalla guerra e dall'aggressione e dall'oppressione, noi dobbiamo rovesciare il nostro imperialismo. E questo richiede che concentriamo la lotta per cacciare il governo Meloni che, come altri governi, è più o meno nella stessa sfera di quella che si chiama “atlantismo”, l'imperialismo, governi a fianco dell'Ucraina nella guerra come parte di quello schieramento che vuole fare guerra alla Russia, rispondere alla Russia che invade con la guerra e trascinarci nel gigantesco focolaio della guerra mondiale, con dentro il grande contrasto tra la potenza imperialista principale, gli Stati Uniti, e l'antagonista di questi ultimi anni rappresentato dalla Cina.

Per rovesciare il governo occorre che proprio i contenuti e l'unità costruita nella manifestazione di Milano si riversi nelle fabbriche, nei posti di lavoro, sul territorio, si riversi nelle strade e nelle piazze per rovesciare il nostro governo.

E infine un'altra cosa abbiamo detto - e qui lo potevamo fare perché chi ha parlato per noi veniva da Taranto, dalla Puglia - la compagna che ci ha rappresentato ha fatto appello a far sì che il G7 in Puglia sia una nuova grande occasione perché l'intero movimento di solidarietà con la Palestina si unisca a tutte le ragioni dell'opposizione politica e sociale contro questo governo, contro tutti i governi, i 7 padroni del mondo che vogliono fare anche del G7 in Puglia - come è stato in altri G7, basti ricordare il G7 di Genova - la loro base di unità per costruire ancor di più i piani di guerra, i piani di oppressione dei popoli, i piani di immiserimento dei popoli, i piani per l'uso dell'intelligenza artificiale a fini di guerra, i piani per trasformare tutte le vicende climatiche, ambientali, tutte le crisi delle crisi, l'immigrazione, in una difesa strenua di un sistema putrido e morente e opporlo con la violenza degli eserciti, delle bombe, all'esercito dei proletari e dei popoli oppressi che in tutte le forme, in forme grandi e piccoli, si oppone a tutto questo.

Tutti al G7 in Puglia per rendere evidente che il mondo è diviso in due colline: la collina dell'imperialismo, la collina dei proletari, dei popoli e di tutti coloro che non accettano il mondo che ci stanno costruendo e preparando, il futuro orribile, e la volontà di mettere fine a questo orrore.

La manifestazione di Milano, ma anche il nostro intervento in questa manifestazione, oltre che darci fiducia che possiamo andare su questa strada, che “un altro mondo è possibile”, vuol dire che oggi un'altra organizzazione politica e sociale è possibile, e su di essa si fonda la nostra lotta e la nostra ribellione.

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