pc 18 gennaio - Palestina/Siria - Una valutazione e un lavoro in corso e da fare - Editoriale
In Palestina avanza dietro la “foglia di fico” del cessate il fuoco e dello scambio degli ostaggi con prigionieri palestinesi il piano genocida dello stato sionista israeliano, appoggiato dall’imperialismo Usa, pronto a passare, nel cambio presidenziale da Biden a Trump, ad uno stadio di piena realizzazione ed a scrivere l’ennesima pagina nera del sistema capitalista/imperialista nella storia dei crimini dell’umanità e dei genocidi.
Su questo non c’è altra soluzione che il sostegno alla resistenza palestinese, la sua unità e alla guerra ad Israele da parte di tutto il mondo arabo entro cui si sviluppi il movimento di resistenza anti imperialista di tutte le masse arabe, volto a rovesciare e a prendere il posto dei regimi arabi complici o inconseguenti.
Bisogna avere fiducia nelle masse, sostenere la resistenza fino alla vittoria dal fiume al mare per la liberazione della Palestina.
Lo stato di Israele, appoggiato dall’imperialismo, tutto, e non contrastato dalle cosiddette “potenze alternative” all’imperialismo Usa, Russia e Cina, ha occupato una parte del Libano e “domato” la lotta degli Hezbollah. Naturalmente tutto questo è sempre di natura temporanea nell’incendio del Medio Oriente.
A questo si è aggiunta la crisi siriana, su cui è assolutamente da fare una distinzione. Da un lato è del tutto evidente che lo stato sionista di Israele, approfittando della “pace” temporanea in Libano ha concentrato la sua azione militare in Siria, occupando le alture del Golan e ulteriori territori, con lo scopo anche qui di restarci per sempre e ha colpito pesantemente le strutture militari siriane per evitare che esse possano svolgere funzione anti Israele. E quindi, è senz’altro giusto che la crisi siriana abbia
favorito questa azione di Israele, ed è altrettanto giusto che la resistenza palestinese denunci tutto questo, così come avviene nelle mobilitazioni internazionali solidali in tutto il mondo e segnatamente nel mondo imperialista e capitalista.Altra cosa è voler giudicare solo su questo metro, come elemento principale, lo stato delle cose in Siria. E’ falso che il regime di Assad fosse un regime antimperialista, e meno che mai che fosse in grado di partecipare realmente a un fronte di resistenza per la Palestina e antimperialista. Il regime di Assad era ed è l’anello debole in Siria per la sua natura reazionaria, dittatoriale, nepotista e criminale, ed è responsabile della perdita di ogni sostegno popolare, cosa che ha favorito l’avanzata delle forze che hanno ora conquistato il potere in Siria.
Le stesse dichiarazioni di Assad dimostrano l’oscenità del personaggio e del suo regime. E’ scappato imboscando i soldi a Mosca e ora dichiara di essere stato costretto da Mosca a rifugiarsi nell’esilio dorato in Russia; fatto che sarebbe anche peggio e che dimostrerebbe quanto pura pedina della Russia fosse il regime di Assad.
Noi siamo incondizionatamente per la caduta del regime di Assad. Certo un regime anti popolare può cadere, per così dire, da destra come da “sinistra”, e quando non cade da “sinistra” finisce per cadere da destra. E questo da vita ad un regime pur sempre antipopolare, asservito all’imperialismo, e nel caso concreto all’influenza determinante della aspirante potenza regionale della Turchia di Erdogan.
Per le masse in Siria si passa obiettivamente “dalla padella alla brace”. Ma naturalmente ci vorrà del tempo perché questo diventi chiaro e soprattutto che si ricostruisca un’opposizione popolare, progressista e antimperialista in Siria, non al servizio di nessun imperialismo, di nessun regime reazionario nell’area. Sia chiaro che la nostra posizione è di appoggio solo a un movimento di resistenza di questa natura.
All’interno della questione siriana e con l’azione della Turchia è chiaro che esiste un’emergenza del movimento di liberazione del Kurdistan, un’emergenza Rojava.
La Turchia approfitta dello Stato delle cose per una resa dei conti di stampo genocida verso il popolo curdo, il suo movimento di liberazione, l’esperienza avanzata di resistenza e di auto determinazione rappresentata da Rojava.
Per questo siamo dalla parte di tutti coloro che difendono il movimento di liberazione del Kurdistan e l’esperienza Rojava dall’annientamento. Guerra nella guerra nella vicenda siriana e nel movimento attuale.
Noi, però, non riteniamo che il movimento di liberazione curdo possa ottenere l’auto determinazione legandosi ora a quello ora a quell’altro imperialismo e potenza regionale. Tutte sono contro uno Stato di autodeterminazione curdo. E pensiamo che esistano in realtà nel movimento di liberazione cordo, compreso il Pkk, posizioni illusorie, socialdemocratiche e riformiste, illusioni di sfruttare a proprio vantaggio le contraddizioni inter imperialiste, sia relative ai paesi imperialisti occidentali, Usa in testa, sia al ruolo della Russia.
In questo contesto sono le masse, le forze rivoluzionarie e progressiste nell’area i padroni del loro destino. Ed è, come l’esperienza insegna, la guerra di popolo di lunga durata l’unica arma vincente, finora non applicata come strategia vincente nella lotta di liberazione curda, nelle sue tre armi indispensabili: Partito comunista, fronte unito, esercito popolare.
Naturalmente, nel cuore dei paesi imperialisti il nostro problema è un altro.
Da un lato combattere il nostro imperialismo e le sue alleanze imperialiste che agiscono eccome nella regione; dall’altro contrastare le posizioni nel nostro paese di forze presunte comuniste e antimperialiste, pronte come sempre a fare confusione invece che chiarezza.
L’area che difende il regime di Assad, oltre che sbagliare analisi della realtà, è fatta di “grilli parlanti”, complottisti, inutili e impotenti sostenitori della lotta di liberazione delle masse.
Chi si diletta nel discorso “a chi giova la caduta di Assad” (vedi Contropiano) fa un discorso che non tiene assolutamente conto delle masse siriane e vuole pilotarci ancora una volta al carro delle potenze imperialiste alternative all’imperialismo Usa.
Più complessa è la posizione di altre forze che descrivono più esattamente la situazione reale che si è creata e non vogliono schierarsi coi regimi arabi antipopolari e sono contro ogni imperialismo nell’area. La questione è però che non è sufficiente dire questo senza guardare dentro le forze di resistenza del popolo e alla necessità di appoggiare comunque, all’interno di una realtà complessa e frastagliata, le forze progressiste e anti imperialiste, e in particolare i Partiti comunisti turchi di orientamento marxista-leninista-maoista e le forze ad essi vicine che sono la punta più avanzata nell’area, che lottano contro l’imperialismo, contro il regime turco, contro le forze reazionaria post Isis, Al Qaida, e sicuramente non sono al servizio dei regimi arabi dell’area.
proletari comunisti - dicembre 2024
PS. Stiamo approfondendo le posizioni, stiamo prendendo contatti con le forze comuniste mlm e antimperialiste dell’area per approfondire e migliorare la nostra analisi, partecipare ai movimenti di solidarietà generali e particolari e contribuire alla chiarezza e alla mobilitazione nel nostro paese e a livello internazionale.
No comments:
Post a Comment