da ORE12 Controinformazione rossoperaia del 23/05
Il
22 maggio è ricorso il 46° anno dalla approvazione della legge 194, una
legge che da un lato è stata sicuramente il frutto di una straordinaria
mobilitazione e lotta delle donne fatta negli anni '70, ma che comunque
dall'altra è stata anche una vittoria parziale. Alla vigilia e anche in
seguito all'approvazione di questa legge, il movimento delle donne
denunciò fortemente il compromesso che fu fatto sul corpo delle donne,
consentendo in primis l'obiezione di coscienza ai medici ma anche altre
condizioni limitative al percorso a cui le donne si devono sottoporre
per accedere all'interruzione di gravidanza. Rispetto a quelle che erano
le parole d'ordine chiare del movimento delle donne, del movimento
femminista, “contraccettivi per non abortire/aborto libero per non morire”, il
movimento delle donne denunciò con forza l'ipocrisia e l'odiosa
oppressione di questo Stato borghese, dei governi, della Chiesa
cattolica che attaccavano e punivano le donne costrette a ricorrere
all'aborto clandestino.
In
questo senso fu anche una battaglia che ebbe un aspetto di classe,
perché erano soprattutto le donne proletarie costrette a ricorrere
all'aborto clandestino con metodi, anche in situazioni terribili, che
procuravano immani sofferenze fino anche alla morte.
Ora,
negli anni a seguire, sia nel nostro paese che in Europa e a livello
internazionale, insieme al peggioramento della possibilità di abortire è
via via emerso anche un nuovo attacco al diritto di aborto, con nuove
leggi restrittive che ancora una volta hanno colpito la maggioranza
delle donne e, in essa, il cuore, le donne proletarie, cioè le donne
delle classi più oppresse, delle classi più povere, le donne migranti.
E
quando si dice che la legge 194 è una legge che ha dei limiti, i
governi che si sono succeduti in questi anni, in particolare i governi
di centrodestra, hanno utilizzato questi limiti per cercare di
depotenziare questa legge, di svuotarla, di impedirne la piena
applicazione, per frenare quello che è il diritto delle donne all'aborto
e contrastarlo.
Prendiamo
il caso dell'obiezione di coscienza: oggi noi siamo in un paese in cui
intere regioni come le Marche, ma anche nel centro sud, praticamente è
quasi impossibile accedere all'interruzione volontaria di gravidanza
perché negli ospedali la totalità dei medici, o quasi, è obiettore,
mentre, nello stesso tempo, le politiche che sono state messe in campo
dagli enti locali, da diverse regioni, hanno portato da un lato al
taglio delle strutture ospedaliere, soprattutto dei reparti in cui si
poteva praticare l'aborto, e dall'altro fino ad oggi sono stati messi in
campo soprattutto in quelle regioni dove ci sono le giunte di
centrodestra tutta una serie di provvedimenti con un impianto in primis
proprio ideologico per condizionare le donne per quanto riguarda il
diritto di aborto e proprio per impedirlo di fatto o comunque
contrastarlo in maniera sempre più pesante.
Pensiamo
ai provvedimenti che hanno riguardato le becere misure economiche,
anche ipocrite - perché sono delle vere e proprie elemosine - di dare
anche dei bonus alle donne, dei soldi per convincerle a non abortire.
Ipocrita perché sono delle misure economiche ridicole, in una situazione
in cui sappiamo benissimo che siamo in un paese in cui c'è un alto
tasso di disoccupazione delle donne, c'è una maggioranza di donne in
vari settori che fanno lavori precari, le donne sono le prime a essere
licenziate e ci sono tantissime situazioni in cui non si possono per
esempio mettere al mondo figli perché materialmente questi figli non si
possono far campare. E quindi queste sono misure economiche veramente
ridicole e anche offensive. Dall'altro lato vi sono decisioni che hanno
un carattere soprattutto ideologico non solo politico, per condizionare
le donne a non accedere al diritto di aborto, come la questione della
sepoltura dei feti. Non Una Di Meno di Torino, nel comunicato che ha
fatto in questi giorni, in prossimità della giornata di mobilitazione
nazionale che ci sarà il 25 maggio in difesa del diritto d'aborto, ha
denunciato che la Regione Piemonte usa fondi pubblici, un milione di
euro, per finanziare le associazioni antiabortiste da far accedere nei
consultori; invece di promuovere iniziative di welfare per rendere
gratuita la contraccezione, per finanziare i consultori e dare un reale
supporto alla genitorialità.
Tutto
questo poi si inserisce oggi in una fase in cui in questo paese c'è al
potere il governo Meloni, un governo di stampo ideologico
fascio-sessista, un governo formato proprio da fascisti, a cominciare
dalla stessa Meloni, che sin da quando si è insediato ha individuato
come uno dei bersagli da colpire la maggioranza delle donne e i loro
diritti, a cominciare appunto dal diritto d'aborto. La Meloni durante la
campagna elettorale “rassicurava” che la legge 194 non avrebbe subito
modifiche. Ma da allora ad oggi i fatti reali sono stati ben altri, a
cominciare dalle almeno tre proposte di legge a firma di esponenti di
Fratelli d'Italia per porre nuovamente all'ordine del giorno la modifica
dell'articolo 1 del codice civile con il riconoscimento della capacità
giuridica del feto, da considerare una persona con diritti e doveri,
mentre le donne per questo governo non sono persone, le donne non devono
avere diritti, le donne devono essere solo delle mere macchine
riproduttrici di figli su figli, da un lato per lo sfruttamento e per il
profitto dei padroni di cui questo governo è ancora più al servizio e
dall'altro per la guerra imperialista a suon di Dio/Patria/Famiglia. Un
governo che ogni giorno è sempre più guerrafondaio, è sempre più attivo
nella guerra imperialista. Un governo fatto da ministri come la
Roccella, una ministra reazionaria per la quale “purtroppo” l'aborto è
un diritto per le donne, per la quale l'aborto è il “lato oscuro della
maternità”; e che per fortuna è stata zittita e contestata apertamente
dalle studentesse, dalle ragazze, dalle compagne, dalle femministe negli
ultimi Stati generali della natalità, che hanno portato avanti una
campagna apertamente ideologica contro le donne, contro il diritto di
aborto, sostenuta pienamente anche dalla Chiesa cattolica di Bergoglio.
Un governo che, proprio di recente, con un emendamento al decreto che
riguarda i fondi del Pnrr, ha inserito la possibilità ai pro-vita di
accedere nei consultori.
Quindi
il diritto di aborto per la borghesia dominante è un incubo. La
borghesia al potere odia il diritto d'aborto perché esso pone come
centrale l'autodeterminazione delle donne, il fatto che una donna possa e
debba decidere liberamente, perché per la borghesia le donne invece
devono essere incatenate a determinati ruoli, produttivi e riproduttivi,
che devono essere funzionali alla conservazione, al mantenimento e alla
perpetuazione di questo sistema sociale capitalista.
Con
questo governo siamo costrette a difendere comunque la 194, anche se
contiene dei limiti ma perché noi questi limiti li vogliamo modificare o
addirittura eliminare; ma oggi la battaglia principale è per la difesa
del diritto d'aborto, della difesa della libertà di scelta delle donne.
E
quindi è importante la giornata del 25 maggio in cui è stata lanciata
la mobilitazione nazionale dal movimento Non Una Di Meno in difesa del
diritto d'aborto e della libertà di scelta delle donne. Ci saranno
iniziative in tutto il paese. Ma poi è importante portare avanti questa
battaglia ogni giorno, in ogni ambito, nei posti di lavoro, tra le
lavoratrici, nei quartieri, nelle scuole, nelle case.
La
lotta delle donne contro l'attacco al diritto di aborto è una lotta
considerata pericolosa dalla borghesia dominante perché essa mette in
discussione quelle che sono le basi ideologiche, politiche, materiali di
questo sistema capitalista. Ma noi diciamo: ebbene sì, noi dobbiamo
essere “pericolose” e organizzarci per mettere in campo tutta la lotta
necessaria perché questo diritto non si tocca, perché la nostra libertà
di scelta, non solo in tema di maternità ma per tutta la nostra vita,
non deve essere messa in discussione.
Quindi
lotta immediata e quotidiana in difesa del diritto d'aborto, ma
inserita anche in una prospettiva rivoluzionaria che deve mettere in
discussione il sistema capitalista da cui si genera poi l'attacco alla
vita delle donne e il cui cuore è anche l'attacco alla libertà di scelta
delle donne.