Tunisia in ebollizione…
Più passano i giorni e più nuove
regioni e settori sociali del paese entrano in uno stato di semi-rivolta
più o meno accesa che potrebbe scoppiare all’unisono da un momento
all’altro come successo all’inizio dell’anno scorso con la rivolta di
Kasserine.
Si conta che solo nel mese di Marzo vi
siano state oltre 1.025 manifestazioni cosi suddivise per governatorati
come mostra questa cartina:
Guardando la legenda, i governatorati con
più proteste sono Tataouine, Gafsa e Kairouan seguiti da Tunisi e da
Jendouba, Kasserine e Sfax.
Resistono i blocchi stradali in tutta la regione petrolifera e frontaliera meridionale di Tataouine.
Dopo il grande sciopero della settimana scorsa (vedi nostro reportage
su questo blog) gli incontri con i rappresentanti del governo e quanto
annunciato dal consiglio dei ministri straordinario e dal primo ministro
Chahed sono stati giudicati insufficienti. L’assemblea popolare degli
abitanti ha quindi deciso piuttosto di intensificare i blocchi stradali
fintanto che non riceveranno delle risposte concrete.
Alla regione di Tataouine si è unita un’altra storica regione ribelle, quella del bacino minerario di Gafsa,
anche qui la popolazione ha chiesto maggiore sviluppo per la regione e
maggiori posti di lavoro nelle miniere dei fosfati per i tanti
disoccupati. Dopo una settimana di manifestazioni pacifiche nel
capoluogo a Gafsa, ieri i manifestanti mentre si dirigevano verso la
sede della Compagnia dei Fosfati sono stati caricati dalla polizia che
ha usato anche gas lacrimogeni.
Sempre nel centro sud, seppur con minore intensità vi sono stati proteste e blocchi stradali nella regione di Sidi Bouzid e a Gabés
da parte dei laureati disoccupati inoltre é stato bloccato l’ingresso
del porto commerciale dell’area industriale di Gannouch dove sorge il
Gruppo Chimico.
Prosegue l’importante lotta operaia a Kef, nel
Nord-Ovest del paese, dove gli operai (con forte componente femminile)
continuano a occupare la strada di fronte lo stabilimento della Coroplast
il cui padrone minaccia di chiuderla per “delocalizzarla” vicino
Hammamet per risparmiare sui costi di trasporto della merce verso il
porto commerciale di Rades. Anche qui il governo più che dare risposte
tenta di distogliere l’attenzione annunciando oggi un “massiccio
bombardamento di artiglieria” sui monti vicini la città dove vi sarebbe
la presenza di gruppi jihadisti. Per risposta gli operai hanno
proclamato uno sciopero generale in tutta la regione di Kef per domani
20 Aprile.
Ma anche le due principali città del paese, Tunisi e Sfax, sono state scosse dalle lotte studentesche,
in particolare ad opera degli studenti di giurisprudenza i quali da
settimane protestavano in particolare a Tunisi, contro un nuovo decreto
ministeriale ma, la settimana scorsa dopo essere stati caricati
brutalmente davanti la sede del governo (vedi precedente post in questo
blog) hanno risposto colpo su colpo organizzando nuove manifestazioni
nelle due principali città denunciando la repressione poliziesca, a cui
si sono aggiunti per solidarietà anche studenti di altre facoltà e di
altre città in particolare a Qairouwan.
Le lotte studentesche sono state quelle
più represse e attaccate violentemente dalla polizia tra tutte quelle
citate, fino a ieri gli studenti sono stati caricati violentemente a
Sfax ma cio’ non li fa indietreggiare, al contrario nuove manifestazioni
e scioperi vengono annunciati esplicitamente contro la condotta e le
menzogne del ministro dell’interno che nega le accuse e prosegue con la
linea dura.
Intanto il governo ha ricevuto la seconda
tranche di finanziamenti dal Fondo Monetario Internazionale, cio’
significa che il governo sta rispettando le indicazioni
dell’organizzazione internazionale ovvero le “dritte” di politica
economica e finanziaria alla base del malcontento sociale…
Après la violence policière, nouvelle manifestation des étudiantes à Tunis
Hier, le jeudi 14 Avril, les étudiants de droit ont répondu à la
violence de la police du mardi et ils ont organiseé une autre
manifestation sur l’avenue Bourguiba allant directement en face du
ministère de l’Intérieur. Alors que le ministre de l’Intérieur démentait
les assauts de la police sur les étudiants, de nouvelles violences a eu
lieu à l’extérieur du ministère comme le montre cette vidéo postée par shems.fm: VIDEO
Scontri a Tunisi tra polizia e studenti di giurisprudenza
Mentre l’estremo sud tunisino era paralizzato dallo
sciopero generale di Tataouine e mentre gli operai della Coreplast
continuavano la loro protesta davanti ai cancelli della fabbrica di Kef,
gli studenti di giurisprudenza sono scesi in piazza nelle principali
città universitarie del paese tra cui Tunisi, Kairouan e Sfax.
Protestano da mesi contro una circolare che introduce cavilli e
complicazioni per l’accesso al praticantato dei neolaureati.
C
Reprtage: sciopero generale a Tataouine
Ieri 12 Aprile si è svolto lo sciopero
generale nel governatorato di Tataouine annunciato 3 giorni prima. Qui
il termine “sciopero generale” é molto simile al “barahat band” indiano
ovvero un blocco totale in cui oltre alle categorie dei lavoratori
dipendenti scioperanti con il supporto del sindacato, anche i negozi e
tutte le altre attività si fermano per solidarietà. A cio’ si sono
aggiunti i blocchi stradali sia nelle strade tra Tataoune e gli altri
piccoli centri del governatorato, sia nelle principali arterie della
città. Per la giornata di ieri questi sono stati allentati per
permettere l’arrivo in centro città degli scioperanti, infine le uniche
attività a cui è stato permesso di non fermarsi sono state quelle
dell’ospedale regionale, della farmacia cittadina e dei panifici.
Dopo la massiccia manifestazione di
domenica scorsa, lo sciopero è stato un successo con un’adesione vicina
al 100% nel capoluogo e dell’oltre il 90% nel resto del governatorato.
La polizia ha mantenuto un basso profilo presidiando solo gli ingressi
della città e tenendo d’occhio i principali blocchi stradali in maniera
“discreta”. È evidente che c’è un timore da parte della controporte che
la situazione possa esplodere da un momento all’altro e cio’ è
confermato dal consiglio dei ministri straordinario riguardante il caso
Tataouine convocato lunedì scorso all’indomani della grande manifestazione.
Gli organizzatori delle proteste hanno
convocato un sit-in nella piazza principale della città a cui hanno
partecipato non meno di 5.000 persone, inutile dire che la maggioranza
dei presenti erano giovani, ma erano presenti anche anziani e, seppur in
minoranza, anche una discreta presenza femminile, sia studentesse che
madri di famiglia (inoltre era presente una delegazione tutta al
femminile di mamme con rispettive figlie provenienti dall’isola di
Djerba a circa 120 km).
Alle 10:00 dopo qualche slogan, tra cui l’immancabile “Choghl, Hurria, Karama Watania” ( “Lavoro, Libertà, Dignità Nazionale“ n.d.a.)
e canzoni di lotta alcun delle quali riprese dal periodo della rivolta
del 2010/2011, si sono susseguiti degli interventi al microfono aprendo
con un ringraziamento ad alcune delegazioni presenti provenienti da
altre principali città del Sud: Gabès, Kebili e Medenine.
Il filo conduttore di tutti gli interventi
è stato quello di non fermare la protesta ma al contrario andare avanti
aumentandone l’intensità.
Ha esordito un avvocato sintetizzando il
consiglio dei ministri straordinario con queste parole: “Le novità che
arrivano dal primo ministro (Chahed n.d.a.) non sono utili,
dobbiamo continuare con le proteste! Tataouine è stata sempre una città
accogliente per tutti ma, fin dai tempi dei nostri padri è stata anche
simbolo di resistenza, loro hanno combattuto per l’indipendenza e adesso
anche i nostri giovani devono continuare a lottare per i nostri
diritti. Abbiamo anche il supporto legale degli avvocati di Medenine che
ringraziamo insieme a tutti i giovani presenti.”
Gli interventi successivi hanno
sottolineato che i proventi dei campi petroliferi dovrebbero beneficiare
i giovani di Tataouine molti dei quali sono laureati, si è sottolineato
più volte in tal senso che Tataouine è una regione ricca di risorse
(gas e petrolio principalmente) e se lo stato continua a non concedere
quello che spetta agli abitanti saranno quest’ultimi a prenderselo.
Un altro intervento ha ripreso questi
argomenti sottolineando che come conseguenza di questa situazione “i
nostri giovani sono costretti a emigrare e molti di loro muoiono in
mare!” (applausi) spontaneamente si è usata una perifrasi per rivolgersi
al presidente della repubblica Essebsi “Capitano Essebsi è arrivato il momento di lasciare il timone“, tutta la piazza ha quindi gridato “Capitano Essebsi lascia il timone!” e cosi alla fine di tutti gli interventi successivi.
A queste denunce un altro intervento ancora ha fatto notare che “siamo
qui da 15 giorni ma allo stato non interessa! C’è un’altra strada che
ancora non abbiamo bloccato verso altri pozzi petroliferi nel deserto,
dobbiamo chiudere anche quella!” (applausi).
Un paio di interventi hanno denunciato che
a fronte del disinteresse dello stato per lo sviluppo della regione, a
Tunisi sono stati spesi 67 mila dinari (circa 32 mila euro n.d.a.)
per ristrutturare lo zoo, uno spreco a fronte di decine di migliaia di
giovani disoccupati. Inoltre sono stati denunciati episodi di corruzione
in cui i direttori dei campi petroliferi chiederebbero delle mazzette
per assumere gli operai.
Infine vi sono stati due interventi dalla
delegazione di Gabés, il primo di una donna che ha espresso il pieno
supporto alla manifestazione di Tataouine da parte degli abitanti di
Gabès. Si è fatto un parallelismo tra la richiesta di giustizia presente
a Tataouine cosi come la richiesta di giustizia proveniente dalle città
e territori occupati palestinesi. Si è fatto appello a non fermarsi e a
continuare e che i giovani della città devono lottare per i propri
diritti ed essere coscienti che la lotta non deve essere limitata solo
per la questione dei proventi dall’estrazione del petrolio ma anche, in
particolare, per i diritti negati ai giovani. Il secondo intervento
invece ha sottolineato i problemi sociali che accomunano tutte le
regioni del Sud della Tunisia.
La manifestazione si è conclusa con la lettura di una poesia dedicata a Tataouine.
Parlando direttamente con M. uno dei
leader della protesta abbiamo approfondito la natura delle
rivendicazioni dei giovani di Tataouine. C’é il senso comune di una
giustizia sociale negata in maniera pianificata a partire
dall’indipendenza nel 1956 con Bourguiba, il quale fin da principio ha
fatto accordi con l’ex potenza coloniale, la Francia, per favorire
quest’ultima per quanto riguarda i profitti derivanti dall’estrazione
petrolifera a cui adesso si sono aggiunte compagnie di nazionalità
italiana, tedesca, giapponese e ucraina. Un altro problema è il
clientelismo, molti dipendenti assunti provengono dalla regione del
Sahel in quanto “avrebbero più competenze”, in realtà gli abitanti di
Tataouine denunciano il fatto che in realtà cio’ avvenga per favorire
persone vicine al regime.
M. ha denunciato ulteriormente il dramma dell’emigrazione dei giovani di Tataouine che “nonostante
potrebbero lavorare qui e contribuire allo sviluppo della regione, sono
costretti a cercaro lavoro in Italia, a Palermo“. Inoltre, ha aggiunto: “in città non esiste nessuno svago, non ci sono teatri o cinema per esempio.” Una situazione simile al bacino minerario di Gafsa…
Dalle sue parole è anche da quelle di
altri è palpabile un forte sentimento di identità regionale che fa
percepire lo Stato come estraneo, questo in un certo senso da forza alla
protesta; un’ ulteriore forza potrebbe venire dal coordinamento con
altre esperienze di lotta tra cui alcune molto simili come quella degli
abitanti delle isole Kerkennah (Sfax) nella loro contesa con la
compagnia petrolifera britannica Petrofac, ma anche “l’oasi di
resistenza” dei contadini di Jemna (Kebili) nonché le recenti proteste
operaie a Kef.
Un giovane disoccupato laureato
(ingegnere) di Tataouine ha sottolineato quanto la responsabilità sia
dello Stato e dei governi delle grandi potenze che non si fanno scrupoli
a creare disastri come ad esempio in Siria, e che questa unione e
coordinamento delle lotte sia quantomai necessario.
Una piazza omogenea nella voglia di
lottare e di dimostrare che, a fronte dell’indifferenza del potere, non
si è disposti ad abbassare la testa. La protesta, bloccando gli accessi
al governatorato e le arterie del capoluogo ha in un certo senso
riorganizzato gli spazi di socialità, i presidi diventano luoghi non
solo di controllo delle strade ma di convivialità in cui si consumano
ampie portate di cous cous, i giovani in prossimità dei blocchi che
ricordiamo sono rivolti principalmente alle auto delle compagnie
petrolifere, gestiscono il traffico in maniera eccellente
improvvisandosi vigili urbani. Tutto cio’ dimostrando di avere il polso
della situazione tenendo alta la guardia da possibili provocazioni
esterne tramite anche una certa diffidenza… cio’ non significa che vi
sia un rifiuto verso i non indigeni anzi, il sostegno anche piccolo e
simbolico dall’esterno é molto apprezzato e viene esternato con una
grande ospitalità tipica della Tunisia meridionale tanto martoriata e
discriminata dal potere centrale.
Uno speciale ringraziamento a M. senza la quale questo reportage non sarebbe stato possibile
Tataouine resiste: blocchi, grande manifestazione e sciopero generale
Dallo scorso 23 Marzo proseguono
ininterrottamente le proteste nel governatorato di Tataouine. In questi
15 giorni i blocchi stradali si sono moltiplicati in tutto il
governatorato, tant’é che é molto difficile raggiungere il capoluogo (la
città di Tataouine) dai governatorati confinanti (Madenine e Kebili)
inoltre il capoluogo é anche isolato dai piccoli centri limitrofi per lo
stesso motivo. In particolare i blocchi servono per fare pressione e
isolare i siti dove sorgono le compagnie petrolifere gestite da
multinazionali e joint ventures.
Gli abitanti di Tataouine reclamano
lavoro e sviluppo per la regione, denunciano che da oltre 60 anni
(dall’indipendenza a questa parte) tutto cio’ sia stato negato alle
regioni meridionali del paese e in particolare a quella di Tataouine, la
più grande regione tunisina per estensione seppur in gran parte
desertica caratterizzata dalla presenza di pozzi petroliferi e dalla sua
posizione geografica che fa da cerniera tra Algeria e Libia.
Una protesta quindi contro il governo con
forti connotazioni anti-stato e contro le multinazionali. Dopo la prima
settimana di protesta si é riusciti a strappare degli incontri a
livello regionale e ministeriale considerati dai manifestanti
insoddisfacenti. Per questo motivo la notte di sabato durante
un’assemblea popolare svoltasi in un picchetto in centro città sono
state lanciate due grandi mobilitazioni: una manifestazione per
l’indomani che ha visto la partecipazione di decine di migliaia di
persone venute da tutto il governatorato e uno sciopero generale indetto
dall’UGTT regionale per martedi prossimo. Contemporaneamente alla
manifestazione di Tataouine si sono svolti due sit-in uno nella capitale
a Tunisi e un altro davanti il consolato tunisino di Parigi.
Intanto anche nel nord-est del paese
resistono i 430 operai della Coroplast di Kef, anche loro da giorni
occupano la strada davanti lo stabilimento protestando contro la
decisione del padrone di spostare la fabbrica ad Hammamet per
risparmiare i costi di trasporto verso il porto di Rades (il più grande
porto commerciale del paese meglio collegato ad Hammamet piuttosto che a
Kef). Nonostante nei giorni scorsi il presidio sia stato attaccato
dalla polizia, gli operai e le tante operaie rimangono ancora li.
Recentemente a Nabeul vi è stata una tre
giorni in cui hanno partecipato i rappresentanti delle principali lotte
del paese, sebbene l’analisi sia stata troppo sbilanciata sull’aspetto
ambientalista, é stata una buona occasione per fare il punto delle lotte
nazionali degli ultimi mesi. Tra le altre cose si é individuato come
punti deboli delle lotte nazionali, il mancato coordinamento (verissimo)
e si è indicato come solo le mobilitazioni nell’Oasi di Jemna (Kebili) e
nelle isole Kerkennah abbiano ottenuto parziali risultati. Di contro il
governo attuale punta sempre di più a criminalizzare le lotte e a
reprimerle piuttosto che a trovare soluzioni reali ai problemi. Il
taglio troppo rivendicativo/economico della discussione non individua il
fatto che il governo e lo stato tunisini per loro natura
burocratico/compradora non possono e non vogliono fare cio’.
E’ evidente che in questa ricchezza di
lotte in cui tutti i settori popolari sono in prima linea: dai contadini
delle oasi, alla classe operaia, dalle comunità di pescatori ai
disoccupati organizzati fino agli studenti, cio’ che manca é la
soggettività in grado di organizzare in maniera coerente con una tattica
e strategia rivoluzionaria. Il fatto pero’ che si inizi a parlare di
coordinare le lotte e che soggettività diffuse sul territorio abbiano
questa idea lascia ben sperare.
Tutte le foto concesse dalla pagina fb “7obbbbi Tataouine” (amore Tataouine n.d.r.)
Depuis Tataouine, Kef: 430 ouvriers en chomage et en revolt
webdo.tn:
Suite a la fermeture officielle de l’usine de câbles Coroplast, 430 employés se retrouvent au chômage depuis ce jeudi 30 mars.
Ce jeudi 30 mars, voilà le paysage du Kef : manifestations, sit-in, affrontements avec les forces de l’ordre, gaz lacrymogène, blocage de la route périphérique de la ville reliant le Kef et Tunis.
Selon Fadhel Bedhiefi, vice-président de la Ligue tunisienne des droits de l’Homme (LTDH), 430 employés se sont retrouvés, du jour au lendemain, sans emploi. Une injustice dont a été alerté le Chef du gouvernement, Youssef Chahed.
L’Union tunisienne de l’agriculture et de la pêche (Unap), l’Union tunisienne de l’industrie, du commerce et de l’artisanat (Utica) et l’Union générale tunisienne du travail (UGTT) ont ainsi envoyé une correspondance au chef du gouvernement dans ce sens.
Fadhel Bedhiefi indique que « Coroplaste a baissé progressivement son effectif de 1200 employés pour atteindre le chiffre de 430, que la société met aujourd’hui à la porte […] ».
Cette vagues de colère s’est propagée depuis le 29 mars lorsque les employés, en majorité des femmes, ont passé la nuit devant l’usine pour protester contre une décision aussi surprenante que brutale.
Ce matin, la police les a dispersés en faisant usage de gaz lacrymogène, mais les protestataires sont revenus sur les lieux pour revendiquer leurs droits.
Hier, la circulation a été bloquée sur la route périphérique de la ville, pour réclamer une solution à la crise que traverse l’usine. Selon un responsable syndical, le patron de l’entreprise, qui embauche 500 employés, cherche à fermer l’usine et à la transférer à Hammamet.
Suite a la fermeture officielle de l’usine de câbles Coroplast, 430 employés se retrouvent au chômage depuis ce jeudi 30 mars.
Ce jeudi 30 mars, voilà le paysage du Kef : manifestations, sit-in, affrontements avec les forces de l’ordre, gaz lacrymogène, blocage de la route périphérique de la ville reliant le Kef et Tunis.
Selon Fadhel Bedhiefi, vice-président de la Ligue tunisienne des droits de l’Homme (LTDH), 430 employés se sont retrouvés, du jour au lendemain, sans emploi. Une injustice dont a été alerté le Chef du gouvernement, Youssef Chahed.
L’Union tunisienne de l’agriculture et de la pêche (Unap), l’Union tunisienne de l’industrie, du commerce et de l’artisanat (Utica) et l’Union générale tunisienne du travail (UGTT) ont ainsi envoyé une correspondance au chef du gouvernement dans ce sens.
Fadhel Bedhiefi indique que « Coroplaste a baissé progressivement son effectif de 1200 employés pour atteindre le chiffre de 430, que la société met aujourd’hui à la porte […] ».
Cette vagues de colère s’est propagée depuis le 29 mars lorsque les employés, en majorité des femmes, ont passé la nuit devant l’usine pour protester contre une décision aussi surprenante que brutale.
Ce matin, la police les a dispersés en faisant usage de gaz lacrymogène, mais les protestataires sont revenus sur les lieux pour revendiquer leurs droits.
Hier, la circulation a été bloquée sur la route périphérique de la ville, pour réclamer une solution à la crise que traverse l’usine. Selon un responsable syndical, le patron de l’entreprise, qui embauche 500 employés, cherche à fermer l’usine et à la transférer à Hammamet.
Tataouine in rivolta da giorni
In attesa di ulteriori informazioni, riportiamo quanto si apprende dalla stampa ufficiale online:
Il 24 Marzo é scoppiata una protesta nel villaggio di Maztouria a Tataouine contro la marginalizzazione economica della regione e in particolare contro l’alto tasso di disoccupazione che vessa questa regione.
A quanto pare il primo ministro Chahed incontrerà i deputati della regione… la settimana prossima.
Riporteremo eventuali sviluppi della situazione
Il 24 Marzo é scoppiata una protesta nel villaggio di Maztouria a Tataouine contro la marginalizzazione economica della regione e in particolare contro l’alto tasso di disoccupazione che vessa questa regione.
galleria fotografie da “Tunisie numerique”
Il 27 Marzo la protesta si é allargata ad altre località della
regione, é stata indetta una “giornata della collera” supportata
dall’UGTT (il principale sindacato del paese) le scuole e tutti gli
uffici pubblici sono rimasti chiusi (anche nei giorni precedenti a causa
dei blocchi stradali si erano fermati i corsi scolastici) ed é stato
proclamato uno sciopero generale osservato nelle località di Maztouria,
Chennini, Douiret, Ksar Aouled Soltane, Maghit, cité Ennour. Le strade
che collegano tutte queste località sono state bloccate dai manifestanti
con pietre e pneumatici dati alle fiamme. In particolare i mezzi delle
compagnie che lavorano nei campi petroliferi della regione sono stati
bloccati. Vi é stato un incontro nella sede del governatorato di
Tataouine con la presenza del governatore ma il risultato é stato
considerato insufficiente dai manifestandi che hanno ripreso quindi le
proteste l’indomani 28 Marzo in serata nelle stesse località e bloccando
inoltre la strada che collega Remada a Tataouine e quella tra Tataouine
e Smmar all’altezza di cité el Mahrajane.A quanto pare il primo ministro Chahed incontrerà i deputati della regione… la settimana prossima.
Riporteremo eventuali sviluppi della situazione
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